ROMACAPITALENEWS: SIFF, CHIOCCHI (IL TEMPO) GIUSTA VITTORIA. DOCUFILM SU TORTORA E’ PRODOTTO INNOVATIVO E CORAGGIOSO

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“I DON’T DREAM AT NIGHT, I DREAM AT DAY, I DREAM ALL DAY; I’M DREAMING FOR A LIVING.” - Steven Spielberg

Meritato riconoscimento per “Enzo Tortora, una ferita italiana”. Il docufilm di Ambrogio Crespi, infatti, ha vinto il Salento International Film Festival nella sezione documentari e ora prosegue il suo tour in giro per l’Italia facendo tappa, lunedì alle 19:00 a Melito, comune a due passi da Pompei, per una proiezione voluta da Michela Rostan (Pd) e Mafalda Amente (FI) e sostenuta anche da Michele Anzaldi tra i deputati promotori della prima proiezione del documentario alla Camera.

RomaCapitaleNews ha intervistato il direttore del quotidiano romano “Il Tempo” Gian Marco Chiocci, tra i primi, assieme al suo giornale, a sostenere il docufilm, dall’esclusione dal festival di Roma e passando per le primissime proiezioni alla Camera dei deputati e quindi all’Ara Pacis.

Dott. Chiocci, lei con il suo giornale è stato tra i primi a sostenere il docufilm “Enzo Tortora, una ferita italiana”, già dai tempi del Festival del cinema di Roma.

Questo docufilm è un prodotto molto ben fatto e coraggioso, controcorrente. Ma è soprattutto un’opera d’arte, perché così va chiamata, che dà fastidio a molti evidentemente. Tutti evocano Enzo Tortora, tutti ne parlano, ma poi al dunque, quando bisogna affrontare certi argomenti ci si dimentica di lui. Questa invece è stata proprio la forza di questo lavoro di Ambrogio Crespi che abbiamo per questo sin dall’inizio accompagnato nel suo percorso, impervio, nelle istituzioni, perché ogni volta era una lotta per farlo trasmettere.

Il Salento International Film Festival, invece, lo ha premiato attribuendogli la vittoria nella sezione documentari.

E questo è solo il primo di una lunga serie di premi che vincerà, perché al di là di tutto per una volta viene dato un riconoscimento a un film molto bello che scuote la coscienza di tutti.

La presidente della giuria ha sottolineato come oltre a essere prodotto cinematografico sia anche prodotto giornalistico. Un tipo di linguaggio come quello del documentario, secondo lei, va aggiunto ai vari canali di cui dispone la professione del giornalista?

Assolutamente sì, si tratta di un prodotto innovativo come tante cose innovative che si possono attribuire ai fratelli Crespi. E’ qualcosa che non si era mai fatto prima, perché, tra libri, film e rappresentazioni sempre un po’ parziali questa colma tutte le lacune e va anche oltre. Va a ripescare personaggi che in quegli anni non si erano comportati bene e ha fatto da sprone a questo pentimento, un po’ tardivo, di un magistrato, che come lui stesso ha detto, si è pentito di aver condannato un innocente – questo era Tortora – vittima di una giustizia ingiusta italiana.

Parliamo proprio di questo, da un punto di vista giornalistico come reputa l’intervista rilasciato da Marmo al Garantista?

Diciamo così, io per aver commentato per anni le attività e le espressioni dei magistrati ho avuto non poche querele e su questa domanda perciò mi avvalgo della facoltà di non rispondere…

Va bene, ma rimaniamo in ambito giornalistico allora, secondo lei, adesso, che strada si apre? E’ chiusa la vicenda Tortora o si possono ancora scrivere pagine di cronaca?

Fossimo un paese serio, cosa che non siamo, potremmo veramente aprire una commissione d’inchiesta su quel caso, partendo da lì per poi affrontare tutta la questione della malagiustizia italiana. Ma non siamo pronti, abbiamo paura della magistratura, la politica le è assoggettata, quindi questo è solo un primo passo. I radicali, Crespi, noi del Tempo, siamo tra i pochissimi che combattiamo la causa che era la causa di Tortora di un tempo.

Fonte RomaCapitaleNews

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