“PRESUNTO COLPEVOLE”, LA BUONA INFORMAZIONE CONTRO LA MALAGIUSTIZIA

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“I DON’T DREAM AT NIGHT, I DREAM AT DAY, I DREAM ALL DAY; I’M DREAMING FOR A LIVING.” - Steven Spielberg

Quanto è attuale in Italia un dibattito sulla giustizia? Molto, soprattutto dopo le ripetute condanne ricevute in sede europea e dopo gli appelli sempre più accorati del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Oggi la giustizia è il campo di battaglia di una guerra ideologica, il cui prezzo è pagato dai cittadini, che in migliaia si trovano innocenti nelle nostre carceri, e in milioni sono in attesa di ricevere una giustizia giusta.

Il dibattito è ridotto a un confronto tra giustizialisti manettari e garantisti, troppo spesso garantisti con gli amici e manettari con i nemici. Soprattutto, l’alibi imperante è quello di Berlusconi: il suo caso, la sua vicenda politico-giudiziaria oggetto di scontro tra fazioni opposte, ha impedito e impedisce di affrontare con serenità l’emergenza giustizia nel nostro paese.

Fino ad oggi poi è passata l’idea che l’opinione pubblica abbia un animo giustizialista, ma è soltanto un luogo comune. Smentito dalle 500mila firme raccolte dai Radicali sulle spiagge italiane solo sulla giustizia. Il dibattito culturale sull’argomento, poi, passa attraverso i mass media che hanno la responsabilità di sbattere il “presunto colpevole” in prima pagina senza dare alcun rilievo ai casi in cui invece viene riconosciuta l’innocenza degli imputati. Con il risultato che l’Italia è diventata una fabbrica seriale di errori giudiziari.

Eppure un programma come “Presunto colpevole” – che va in onda poco prima della mezzanotte – è un segnale (seppur debole e isolato) di una corretta informazione: su Rai 2 totalizza un clamoroso 5%, non lontano da programmi blasonati, più costosi e che vanno in onda prima, come Matrix e Porta a Porta. Il caso di “Presunto colpevole”, però, è isolato e riguarda la televisione di stato, mentre dobbiamo registrare la quasi totale assenza nella tv privata e un posizionamento sul tema che trasforma La7, invece, quasi in una “tribuna di un tribunale”.

Il buon riscontro di pubblico dovrebbe essere tuttavia una molla. Il programma è stato seguito nella prima puntata della nuova stagione da quasi 400 mila spettatori: un dato oggettivamente positivo a riprova che la gente comune si sente sempre più vicina a queste vicende, visto anche quanto e come vi siamo ancora immersi.

Grazie a Dio, tuttavia, in Italia non è tutto un caso di malagiustizia; buona parte dei magistrati sa fare il proprio lavoro e lo sa fare bene, ma “Presunto Colpevole” evidenzia gli errori giudiziari, li racconta con pathos, e con un focus particolare sulla storia e sui protagonisti. Questo taglio è particolarmente evidente nei servizi costruiti attorno alle testimonianze, a chi la vicenda l’ha vissuta, spostando su di loro l’attenzione e non su chi il servizio l’ha realizzato, come troppo spesso succede.

“Presunto Colpevole” è un programma di successo e ben realizzato, e per questo faccio i complimenti agli autori e alla voce narrante, che è affidata al doppiatore Fabio Bonini. Il riscontro avuto dagli spettatori è la prova che la sensibilità della gente sta cambiando, che le persone si interessano sempre di più alle sorti del nostro paese, del nostro sistema-giustizia, e a tutto ciò che in questo settore ancora non funziona.

Dobbiamo poi tenere conto del fatto che già trent’anni fa abbiamo assistito all’archetipo della malagiustizia con il caso Tortora e che in seguito all’indignazione popolare il Referendum proposto dai Radicali sulla responsabilità civile dei magistrati passò con l’85%. Tutto questo, purtroppo, non ha avuto impatto reale, non è riuscito a riformare la giustizia italiana, ma è la prova che esiste una sensibilità diffusa sui temi della giustizia. Se guardiamo indietro a vent’anni fa, quando fu spiccato il mandato di cattura per Bettino Craxi, non possiamo non ricordare come allora tutti lo misero in croce; il suo caso fu sbattuto in prima pagina, perché in quel periodo la magistratura era ancora credibile. Con il passare degli anni, la magistratura ha però perso credibilità e prova evidente è quanto è accaduto con Berlusconi, che anche se condannato in via definitiva non ha perso consensi.

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