ITALIA24NEWS: RIFORMA GIUSTIZIA, FERRI: SIAMO A BUON PUNTO. E’ OCCASIONE DA NON PERDERE

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Riforma giustizia, Ferri: siamo buon punto. E’ occasione da non perdere
Il sottosegretario a Diamante per il Tortora di Crespi: stimolo di riflessione per i più giovani
Il sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia, Cosimo Ferri, intervistato da Italia-24News alla vigilia della sua partecipazione alla proiezione di “Enzo Tortora, una ferita italiana” a Diamante, spiega perché è importante che ancora si parli del caso Tortora: occorre stimolare la riflessione nei più giovani, sono loro che un domani parteciperanno alla vita pubblica come magistrati o come semplici cittadini.

Prima dell’appuntamento con il docufilm di Ambrogio Crespi e con il dibattito (questa sera alle 21:30 sul lungomare Mancini), Ferri ha commentato lo stato dei lavori sulla riforma della Giustizia e la proposta di Orlando sulla responsabilità civile dei magistrati.

Come procedono i lavori sulla riforma della Giustizia?

La riforma della giustizia è a buon punto ed è uno degli impegni assunti sui quali il Governo vuole andare avanti con impegno e sollecitudine per dare le giuste risposte ai cittadini ed alle imprese per riacquistarne la fiducia e per rilanciare l’economia (i ritardi della giustizia civile “costano” circa un punto percentuale del PIL nazionale). Il Governo ha indicato le linee guida specificando 12 punti da cui partire. Su questi temi si è scelto, in modo innovativo, di confrontarsi con la società civile ed è stata a tal fine avviata una consultazione pubblica secondo il modello notice and comment. Si tratta di un metodo che sta funzionando e che ha visto l’ampia partecipazione dei cittadini, della società civile a e dell’associazionismo i cui contributi e spunti di riflessione saranno presi in considerazione dal Ministero.

Inoltre, il Ministro della Giustizia ha già avviato il confronto con tutte le forze politiche parlamentari, l’Avvocatura e la Magistratura per illustrare le linee guida della futura azione governativa e per ottenere una condivisione di idee e di prospettiva del cambiamento.

Confrontarsi non significa però cedere alle singole rivendicazioni di parte: l’interesse di tutti deve essere quello di far funzionare il processo civile e penale, di ridurne i tempi e di offrire ai cittadini un servizio di qualità e una risposta celere alla loro domanda di giustizia.

Secondo lei quante possibilità ci sono di approvarla in tempi brevi?

Ritengo che sarà approvata in tempi brevi ed il metodo di lavoro del Ministro Orlando troverà consenso in Parlamento anche tra le opposizioni. Il Governo Renzi punta sulle riforme e tra queste c’è anche quella della Giustizia: la Politica non può perdere questa occasione, i cittadini la chiedono ormai da tempo e si aspettano una risposta.

Sono già in cantiere il Disegno di legge sulla criminalità economica e il D.L. recante “Misure di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, quest’ultimo è finalizzato sia a ridurre l’arretrato che a velocizzare e rafforzare le procedure esecutive a tutela del credito.

Trovo che sia impensabile che un’impresa, per far rispettare un contratto, debba aspettare 1185 giorni rimanendo paralizzata nella propria attività con ingenti perdite economiche: questa lentezza allontana gli investimenti esteri, fa perdere posti di lavoro ed altera le regole della concorrenza. L’incertezza sui tempi di risposta non consente, infatti, di programmare altri investimenti e, anche laddove l’esito del giudizio sia favorevole, sarà comunque troppo tardi per recuperare i costi subiti in termini di produttività e le occasioni perdute.

Cosa ne pensa della proposta del ministro Orlando sulla responsabilità civile dei magistrati?

Si tratta di un tema che deve essere affrontato evitando approcci influenzati da pregiudizi e da contrapposizioni. Non si tratta di una riforma “contro i magistrati” ma si tratta di trovare il giusto equilibrio tra le istanze risarcitorie dovute alle vittime di errori giudiziari e la tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della Magistratura.

Per queste ragioni condivido la proposta del Ministro di mantenere il principio della responsabilità indiretta del magistrato perché con essa non si difende un privilegio della Magistratura ma si tutela una garanzia per i cittadini: il principio di uguaglianza di fronte alla legge.

Ed invero, l’introduzione della responsabilità diretta del magistrato, senza dover prima intentare una causa nei confronti dello Stato, rappresenterebbe una scelta normativa rischiosa. I magistrati, infatti, fanno un lavoro che, per sua natura, porta fisiologicamente a scontentare molte persone: basti pensare ad un giudice civile che, ogni volta che emette una sentenza, dà ragione ad una parte e torto all’altra e quest’ultima certo non sarà soddisfatta di quella decisione.

E’ importante, inoltre, garantire al giudice la libertà di interpretazione delle norme che spetta alla Politica formulare con chiarezza.

Ciò detto va certamente anche garantita una tutela effettiva delle vittime di errori giudiziari ed è evidente che occorra cambiare qualcosa per rendere meno complicata questa tutela. Sotto questo profilo è intenzione del Governo ampliare, ad esempio, le fattispecie di responsabilità da parte dello Stato nei confronti del cittadino allineando così la nostra legislazione alle richieste che provengono dall’Europa.

In questa direzione si pone anche l’innalzamento della soglia economica dell’azione di rivalsa che ricadrà sul magistrato in caso di errore mentre resterà ferma l’assenza di limite all’azione di rivalsa nell’ipotesi di dolo.

Infine, con riferimento al filtro per l’accesso ai ricorsi, laddove esso sia inteso come un “tappo” che ostacoli la pretesa risarcitoria, allora sarà giusto eliminarne la previsione. Laddove, invece, esso sia concepito come una garanzia per i cittadini, in ragione della durata e del costo dei processi, si potrà pensare di rimodularlo sempre avendo di mira la tutela delle istanze dei cittadini.

Non dimentichiamo, inoltre, che rimane ferma la responsabilità penale, contabile e disciplinare nella quale può incorrere il magistrato che commetta un errore.

A suo avviso, si potrebbe riaprire il caso Tortora alla luce di un’eventuale nuova legge sulla responsabilità civile dei giudici?

La triste vicenda del caso Tortora deve far riflettere tutti. Da allora sono cambiate molte cose: è mutato l’approccio alle dichiarazioni dei pentiti, è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale che ha cambiato l’assetto del nostro processo da inquisitorio ad accusatorio ed è profondamente cambiata anche la società italiana.

Si trattava, infatti, del primo processo di dimensioni considerevoli contro la Camorra con oltre 400 imputati che costitutiva una novità nel panorama giudiziario italiano dell’epoca. Inoltre, si usciva dalla stagione del terrorismo e in quel contesto, probabilmente, la stessa Magistratura non riuscì a comprendere il fenomeno del pentitismo mafioso. Erano ancora lontani i tempi del maxi processo alla “cupola” di Falcone e Borsellino e il sofisticato uso che veniva fatto dei “pentiti” da parte dei due giudici siciliani. I tempi non erano ancora maturi per la piena comprensione del fenomeno mafioso e Tortora ne pagò lo scotto. Del resto, i giudici di quel processo si trovarono dinnanzi a pentiti che non cambiarono mai versione in tutti i gradi del giudizio: dico questo non per tentare di giustificare l’operato della Magistratura ma per constatare che, purtroppo, l’errore di valutazione è connaturato all’accertamento dei fatti nel processo penale.

Proprio in ragione dell’eventualità di tali errori è necessario evitare un uso distorto dello strumento della carcerazione preventiva che deve essere applicato nel rispetto dei presupposti previsti dalla legge.

Ed invero, nella disciplina di tali misure restrittive della libertà personale occorre trovare un punto di equilibrio tra due opposte esigenze: da un lato quella della tutela della sicurezza delle persone e soprattutto delle vittime dei reati e dall’altro quella di garantire il principio secondo cui la custodia in carcere deve essere l’extrema ratio e che non può essere eseguita né anticipata una pena detentiva che non verrà applicata neanche con la sentenza di condanna.

L’impegno del legislatore per eliminare l’eventualità che si verifichino nuovi “casi Tortora” deve, inoltre, partire dalla riduzione dei tempi del processo, dal preservare quelle garanzie per l’imputato che sono state introdotte con la nuova riforma della procedura penale e dal loro bilanciamento con le necessarie istanze di giustizia delle parti lese, le cui sofferenze non possono essere dimenticate. Del resto, se certamente è necessario esigere il pieno rispetto delle garanzie difensive, occorre inoltre considerare se non ve ne siano alcune meramente “dilatorie” e formali, tali da comportare irragionevoli allungamenti delle fasi processuali, queste sì in violazione del principio di ragionevole durata del processo, cristallizzato nell’art. 111 Cost. quale elemento essenziale per un processo “giusto”.

Un processo in cui la verità processuale coincida con quella sostanziale e la cui durata sia in grado di assicurare quella risposta di giustizia che le parti e la società si aspetta.

Un altro profilo di interesse che emerge dalla vicenda Tortora concerne il difficile bilanciamento tra il diritto di cronaca giudiziaria e la sovraesposizione mediatica dei soggetti coinvolti in un processo penale. Occorre, infatti, evitare che i processi si celebrino davanti ai mezzi di comunicazione e non nelle aule di giustizia. Sono, purtroppo, numerosi i casi in cui sui mass media si giunge ad un verdetto di colpevolezza prima ancora che sia effettivamente scritta la sentenza definitiva di condanna e spesso alla notizia dell’assoluzione dell’imputato non viene dato lo stesso risalto.

Stasera a Diamante verrà proiettato “Enzo Tortora, una ferita italiana” di Ambrogio Crespi. Crede sia utile promuovere la proiezione di questo docufilm per ricordare quanto accaduto a Tortora e per fare in modo che non si ripeta più?

Certamente. La storia di Enzo Tortora rappresenta una delle ferite più laceranti della recente storia italiana e da magistrato sento ancora più opprimente il peso di quella triste vicenda, umana e giuridica. Occorre stimolare la riflessione nei più giovani i quali un domani parteciperanno alla vita pubblica come magistrati o anche come semplici cittadini riaccendendo in loro la luce della memoria su di un momento del nostro passato che deve essere forse ancora pienamente conosciuto e compreso.

Fonte Italia24News

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