IL TEMPO: “SPES CONTRA SPEM, LIBERI DENTRO” GIRATO NEL CARCERE DI OPERA, ERGASTOLANI DA KOLOSSAL

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“I DON’T DREAM AT NIGHT, I DREAM AT DAY, I DREAM ALL DAY; I’M DREAMING FOR A LIVING.” - Steven Spielberg

Di Dimitri Buffa per Il Tempo – Esistere e vivere non sono la stessa cosa. Si può vivere senza esistere ma non si può esistere senza vivere. Loro vivono. Non esistono più. Sono ufficialmente senza speranza. Perché forse sono loro stessi la speranza.

Perché stazionare 22 anni al 41 bis su 24 di detenzione come ergastolano ostativo può fare di te un filosofo. Come sembra essere accaduto per Alfredo Sole, uno degli eroi negativi delle guerre di mafia in Sicilia nei primi anni ’90, oggi tra i protagonisti del docufilm di Ambrogio Crespi, «Spes contra spem – liberi dentro», interamente girato nel carcere di Opera, proprio nella sezione degli ergastolani ostativi in un viaggio dentro l’orrore del «fine pena mai».

spes contra spem il tempo ambrogio crespiCompiuto dal regista insieme al segretario di Nessuno Tocchi Caino, Sergio D’Elia e alla ex deputata radicale Elisabetta Zamparutti, che poi è anche sua moglie nella vita reale.

«Spes contra spem – liberi dentro», idealmente dedicato allo scomparso Marco Pannella, cui va la prima citazione, tratto dalla lettera spedita poco prima di morire a Papa Francesco, sarà proiettato al prossimo Festival di Venezia. Ben due visioni il 7 settembre alle 15 nella sala Pasinetti e due giorni dopo alle 11 sempre nella stessa sala. Davanti al ministro di Grazia e Giustizia Andrea Orlando.

L’opera di Crespi sembra un trattato involontario di nihilismo all’italiana. Gli ergastolani che oltre a Alfredo Sole sono protagonisti dell’ora e dieci di docufilm sono tutti ex ospiti del 41 bis e attualmente impossibilitati anche a sperare di potere uscire dal carcere se non pentendosi e facendo i nomi di coloro che ormai sono da considerare come antichi complici. E che, idealmente, dovrebbero prendere eventualmente il loro posto in quell’Ade fatto di solitudine e oscurità.

E infatti tutto il viaggio in questo inferno di uomini ombra, con Sergio D’Elia segretario di «Nessuno tocchi Caino» nel più che logico ruolo di Virgilio (anche D’Elia ha conosciuto il carcere duro essendo stato negli anni ’70 un terrorista di Prima Linea), è delineato nell’oscurità dalle riprese che Crespi ha fatto montare al suo fedele Francesco Barozzi, l’operatore che lo accompagna da anni: dal docufilm su Tortora a quello su Capitano Ultimo.

locandina spes contra spemI nomi degli ergastolani protagonisti di questo girone infernale di coloro che perdono ogni speranza una volta dichiarati ostativi sono i seguenti: Alfredo Sole, Rocco Ferrara, Roberto Cannavò, Antonio Trigila, Ciro D’Amora, Giuseppe Ferlito, Gaetano Puzzangaro, Orazio Paolello, Vito Baglio. Tutte persone che nei primi anni ’90, o nella seconda metà degli ’80, quando entrarono giovanissimi in galera per non uscirne più, erano tristemente note alle cronache giudiziarie della criminalità organizzata.

E che oggi, a sentirli parlare, sembrano cambiati se non addirittura altre persone che vivono in un altro pianeta. Uno di loro, Gaetano Puzzangaro, alla classica domanda finale posta da D’Elia, cioè se hanno ancora qualche speranza, che poi dà il nome al docufilm «Spes contra spem», citazione amata da Pannella e presa da Paolo di Tarso (significa «essere speranza» contro il semplicemente «averla», ndr) confessa candidamente di non sapere se tale questione, dell’avere o meno speranza, per persone che vivono come lui, abbia un senso.

E di avere paura solo al pensiero di dovere un giorno uscire dal carcere di Opera dove attualmente si trova rinchiuso insieme a tutti gli altri nell’ambito di un programma rieducativo che frutti ne ha dati eccome. Puzzangaro ha paura di riprendere a esistere perché si è abituato ai ritmi della vita lì dentro.

Una vita poco più che vegetativa ma in fondo rassicurante per chi ogni giorno deve sopportare il senso di colpa di avere ucciso il prossimo suo che, invece, avrebbe dovuto amare come se stesso. Ma tale è proprio il punto nodale di queste esistenze da fantasmi e di questa morte per pena: l’odio, soprattutto verso se stessi, e la rabbia che possono portare a uccidere in determinati ambienti e in determinate situazioni. Solo che per loro, al contrario che per i brigatisti rossi, non esiste una legge e non esiste un perdono.

E loro stessi sembrano non volersi perdonare mai. Sono diventati i più severi giudici di se stessi.

Lo Stato con il 41 bis e l’ergastolo ostativo ha quasi lavato la loro testa. E questa è ormai una cosa atroce almeno come i loro delitti.