IL GIORNALE D’ITALIA: “TORTORA, UNA FERITA ITALIANA”. E’ UN FILM PER RIMARGINARLA E FARE GIUSTIZIA

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“I DON’T DREAM AT NIGHT, I DREAM AT DAY, I DREAM ALL DAY; I’M DREAMING FOR A LIVING.” - Steven Spielberg

Roma, Camera dei deputati, Auletta dei capigruppo. Via Campo Marzio n.78, vietta storica della Capitale. Quello, il teatro giusto per l’anteprima assoluta del film di Ambrogio Crespi, “Enzo Tortora, una ferita italiana”.

Sono le 19 quando, tra una corsa e l’altra, accendo la mia Vespetta nera 125 per dirigermi all’appuntamento. Pioggia, vento. Tutto contro. L’occasione è troppo ghiotta per perderla. Sono stato invitato lì, quale rappresentate de Il Giornale d’Italia, direttamente dal regista Crespi. Non lo avevo mai conosciuto prima d’oggi. Ci avevo parlato al telefono, più volte. Nulla più. Fino a quando, l’incontro fuori all’Auletta dei Capigruppo. Un abbraccio, sentito, spontaneo. Poi tutti dentro, sempre correndo. La proiezione del documento inizia alle 19:30, mancano solo 10 minuti. Controlli di routine – sembra di essere all’aeroporto – e poi tutti in Aula. Sala importante, elegante. Tanti i politici presenti, di diversi partiti, bandiere. Ma per un’ora, tutti uniti uno al fianco dell’altro. Per una battaglia giusta. Per ricordare Enzo Tortora. Uomo come pochi ce ne sono stati, ce ne sono e ce ne saranno. A prendere la parola, per una breve ed emozionante introduzione, la compagna del volto di Portobello, Francesca Scopelliti. Voce vibrante la sua, emozionante. Occhi lucidi, frasi ferme. Vere. E un appello: “Questo film non basta. Per onorare Enzo dobbiamo fare in modo che casi giudiziari, vergognosi, come quello che ha vissuto Lui, non ci siano più. Mi auguro che questo bellissimo film serva anche per far capire che il nostro Paese ha un forte bisogno di una riforma della giustizia, che sarebbe fantastico se potesse chiamarsi Legge Tortora”.

Applausi scroscianti e via con il film. Noioso? Tutt’altro. Veloce, avvincente, accattivante. Le prime scene sono dedicate a quel vergognoso processo di primo grado che ha dovuto subire Tortora. Umiliato da alcuni pentiti che per sfangarla lo hanno dato in pasto ai giudici napoletani. Senza niente in mano, senza alcuno straccio di prova. Subito, un flashback con la strepitosa arringa – durata 3 ore -dell’avvocato Alberto Dell’Ora, pezzo da 90 della difesa Tortora: “Voi, signori giudici, condannerete Enzo Tortora. E’ il pronostico di tanti, di certi esperti, di Gianni Melluso detto il bello, del Pm che ha chiesto tredici anni. Ma, poichè Tortora è pienamente innocente, del tutto estraneo, lontano da una storia che non gli appartiene, è chiaro che, se voi lo condannerete, saranno stati commessi un’ enorme ingiustizia e un errore giudiziario, di cui dovrete rispondere davanti alle vostre coscienze e davanti a Dio, se come vi auguro, a un Dio credete”. Ancora applausi. Dopodichè, le interviste. Nessun attacco ai giudici così come ci avevano voluto far credere magistrati e Festival del Cinema di Roma, ma un coro unanime: “chi sbaglia deve pagaere”. A dirlo, tra i tanti, il giudice Giuseppe Pititto, che ha bollato la storia di Tortora come una “pagina nera della giustizia italiana”. Dove gli errori dei magistrati sono stati evidenti. Subito dopo, Francesca Scopelliti rilegge alcune lettere che il suo adorato compagno gli ha inviato dal carcere. Manoscritti commoventi, unici. “Ogni giro di chiave – racconta Tortora alla sua amata – è come una coltellata. La porta della cella sbatte come se qualcuno la stesse scuotendo”. La Scopelliti non ce la fa, si commuove. Ma va avanti. Subito dopo, alcune considerazioni che fanno riflettere. “In Italia – la sentenza – non è cambiato nulla. E le colpe sono da attribuire non solo ai giudici, ma anche a quella classe politica o troppo amica o troppo nemica della magistratura”.

Il film prosegue, le colonne sonore sono fantastiche. Romantiche, trascinanti. Si arriva alla sentenza d’appello e all’assoluzione. Poi, il finale. Fantastico, difficile da descrivere. Con il ritorno del volto di Portobello in tv. Sguardo fisso verso le telecamere, spalle in fuori e quelle parole indimenticabili: “Dunque, dove eravamo rimasti?Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. E questo ‘grazie’ a questa cara, buona gente, dovete consetirmi di dirlo. Ed ora cominciamo, come facevamo una volta” (Enzo Tortora).

Tutti in piedi, standing ovation. Lacrime, sugli occhi di tutti. Pelle d’oca, la mia. Ancora applausi, lunghissimi applausi. Abbracci, sorrisi. Per una giornata di festa. E per non dimenticare quel grande Uomo che è stato Enzo Tortora. Un esempio, per tutti, anche da imputato.

Fonte “Il Giornale d’Italia”

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