Di Monica Gasbarri – 15 settembre 1986. Enzo Tortora, accusato ingiustamente, arrestato, processato e condannato in primo grado, viene assolto con formula piena. Smontate completamente le accuse calunniose rivoltegli dai camorristi.
Dal momento dell’arresto sono passati tre anni, tre anni pieni di dolore e di forza per un uomo, Tortora, che era un simbolo di un certo modo di fare televisione, di fare intrattenimento. Il 15 settembre la Corte di Appello di Napoli lo assolve e gli restituisce anche formalmente quella dignità e quell’onestà che lui, dal canto suo, non ha mai perso.
La battaglia, però, per Tortora non è mai veramente finita: per lui che è diventato un simbolo di tutti gli ingiustamente oppressi, per lui che è stato emblema del coraggio e della dignità, è già iniziata una guerra ancora più grande. Quella contro il cancro, “una bomba che gli è esplosa dentro” che ha minato la sua salute in maniera decisiva e che lo condurrà alla morte nel 1988.
Sulla storia di Tortora i riflettori non sono mai abbastanza. Sia dal punto di vista giudiziario che da quello umano ci insegna moltissimo. “Enzo Tortora, una ferita italiana” di Ambrogio Crespi è l’opera alla quale va il merito di aver riportato davanti ai nostri occhi il volto di Tortora, la sua voce, le sue parole. Come un esempio di comportamento e di dignità.
Il successo che è stato (e continua ancora) ad essere tributato al docufilm è l’espressione di un affetto e di una sensibilità che l’Italia aveva nei confronti di questa storia e che il regista ha saputo interpretare.
Oggi c’è un motivo in più per ricordare Enzo Tortora. Sono passati 28 anni da quell’assoluzione e sappiamo ancora bene cosa significa vedersi la vita spezzata e rovinata per sempre da un errore giudiziario: ce lo raccontano le storie di quanti in Italia sono costretti a vivere questo calvario, voci che abbiamo imparato a sentire anche grazie all’opera di divulgazione fatta dal sito errorigiudiziari.com.