‘ENZO TORTORA, UNA FERITA ITALIANA’: IL RACCONTO APPASSIONATO DI AMBROGIO CRESPI – AUDIO

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“I DON’T DREAM AT NIGHT, I DREAM AT DAY, I DREAM ALL DAY; I’M DREAMING FOR A LIVING.” - Steven Spielberg

Di Gianfranco Cercone* – Il titolo del documentario che Ambrogio Crespi ha dedicato alla vicenda giudiziaria e politica di Enzo Tortora, “Enzo Tortora, una ferita italiana”, suggerisce una chiave di lettura del film. Non si tratta di una rievocazione compiuta con lo spirito impersonale e puramente scientifico di uno storico, ma è un racconto appassionato, dichiaratamente militante, fatto per dimostrare che non soltanto l’arresto e la condanna in primo grado di Enzo Tortora negli anni Ottanta per collusione con la camorra e per traffico di droga fu un caso clamoroso di ingiustizia – di cui sono accusati certamente i suoi giudici, ma anche i giornalisti che sostennero in maggioranza e in modo acritico le tesi dell’accusa – ma, ecco, è anche un racconto fatto per dimostrare che a quella ingiustizia non si è ancora, davvero, riparato. Che, insomma, la ferita non soltanto a Tortora, ma al sistema giudiziario e dunque all’Italia, per così dire ancora sanguina.

E’ vero Tortora fu assolto in appello dopo aver subito alcuni anni di carcerazione preventiva, ma, appunto, tanto non basta – suggerisce il film – a rendergli giustizia e non soltanto perché i giudici che condussero l’inchiesta non pagarono per l’errore grossolano compiuto. L’impegno politico di Tortora tra le fila dei Radicali – il film ne dà ampia testimonianza – fu soprattutto finalizzato a che altri cittadini italiani non avessero a subire una disavventura simile alla sua. E una delle riforme che egli particolarmente auspicava era l’introduzione nel nostro ordinamento della responsabilità civile del magistrato. Allo scopo i Radicali riuscirono a fare indire un Referendum, l’85% dei votanti si pronunciò a favore di tale riforma, ma la legge che poi espresse il Parlamento, tradì il risultato del Referendum e Giuliano Vassalli, che di quella legge fu autore, e Rita Bernardini rievoca questa vicenda nel film, alla fine lui stesso se ne pentì.

Ma c’è un altro tema che il film di Crespi solleva a più riprese ed è la condizione delle carceri di allora, sovraffollate e invivibili come quelle di oggi. Tali – sono le parole dello stesso Tortora – da spezzare il sistema nervoso di qualunque uomo. Sono descritte attraverso alcune lettere dello stesso Tortora, lette da Francesca Scopelliti, la sua compagna, e in un momento la lettura è interrotta dal pianto (il documentario è in momenti commovente). Ma sono raccontate anche attraverso le lettere di altri detenuti di cui Tortora si faceva latore, divulgatore, per dare voce, lui che era un uomo famoso, ad altri oppressi che altrimenti nessuno avrebbe ascoltato.

Insomma nel film di Crespi è contenuto idealmente un atto di accusa che è anche contro la classe politica di allora, ma anche contro quella di oggi, e scongiura strumentalizzazioni. Anche forse per smarcare la vicenda di Tortora, ad esempio, da quella di Berlusconi si ricorda che Tortora, Parlamentare europeo, rinunciò al privilegio dell’immunità per attendere in carcere che si pronunciasse il processo a suo carico.

Insomma è un film che per dire, quasi urlare, la propria verità rischia di scontentare molti, o almeno molti dei potenti di ieri e di oggi.

“Enzo Tortora, una ferita italiana”. Di Ambrogio Crespi.

 *Tratto da Radio Radicale – Rubrica “Cinema Cinema” – 23 novembre 2013

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Gianfranco Cercone su Enzo Tortora, una ferita italiana

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