EMILIAROMAGNA24NEWS: ENZO TORTORA, TRENT’ANNI DOPO L’ARRESTO: UN’INGIUSTIZIA DA NON DIMENTICARE – TRAILER DOCUFILM

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“I DON’T DREAM AT NIGHT, I DREAM AT DAY, I DREAM ALL DAY; I’M DREAMING FOR A LIVING.” - Steven Spielberg

Oggi è il giorno della memoria e della vergogna. Trent’anni fa, come ricorda un docufilm di Ambrogio Crespi e prodotto da  Spin-Network, veniva arrestato e sottoposto a una vera e propria gogna mediatica, Enzo Tortora, allora all’apice della sua carriera, svegliato dai Carabinieri nell’Hotel Plaza, dove alloggiava, nel cuore della notte e condotto in manette sotto i flash dei giornalisti accorsi per l’occasione.

“La gente, io ricordo bene, quella mattina non riusciva a credere alle proprie orecchie quando tutti i notiziari Rai davano la notizia in maniera più compiaciuta che spettacolare. Le reti televisive per le quali il più noto presentatore italiano aveva lavorato per due o tre decenni sembravano esultare in un tripudio di oscenità e giochi di parole su Tortora, il programma “Portobello”, il pappagallo e non mancarono “spiritosi” maramaldi che diedero persino, in tv, i numeri da giocarsi al lotto” ricorda in un editoriale sul quotidiano online Clandestinoweb, Dimitri Buffa, che quegli anni li visse in prima persona. .

“E’ doloroso ricordare come i giornalisti si comportarono per i primi sei o sette mesi di quella tragedia che fece vedere al mondo “di che lacrime grondasse e di che sangue” la giustizia made in Italy” ricorda ancora Buffa, che prosegue con un aneddoto che coinvolge anche una delle due figlie di tortora, Silvia: “Personalmente potrei citare un episodio a titolo di esempio: allora 23 enne lavoravo, in nero e senza contratto, per un nota agenzia del gruppo Caracciolo. Con me, sempre in nero, lavorava anche Silvia Tortora, la figlia di Enzo. Nei giorni successivi a questa disgrazia credete che i colleghi più esperti e alti in grado, quelli garantiti con lo stipendio e il contratto, abbiano in qualche maniera mostrato solidarietà a questa ragazza che all’epoca aveva la mia stessa età? No. La misero da parte. La fecero lavorare il meno possibile e quando un giorno, a tre mesi dall’arresto del padre, cominciarono ad arrivare le prime agenzie che ponevano dubbi e incrinavano il fronte dei corifei di pentiti come Barra, Pandico, Melluso e il pittore Margutti, ricordo come se fosse ieri un capo servizio, di cui non voglio fare il nome perché non merita che sia ricordato neanche come eroe cattivo di una storia come questa, dire, a lei che sventolava quasi trionfante questa agenzia di stampa, la seguente frase infame: “ma Silvia tu devi capire che contro tuo padre ci sono delle prove e degli indizi molto pesanti, tu non puoi pretendere di influenzare il nostro lavoro…”

Fonte EmiliaRomagna24News

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