E IL FESTIVAL DEL CINEMA DI ROMA BOCCIA IL DOCUFILM SU ENZO TORTORA

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“I DON’T DREAM AT NIGHT, I DREAM AT DAY, I DREAM ALL DAY; I’M DREAMING FOR A LIVING.” - Steven Spielberg

Riporto di seguito un articolo pubblicato oggi sul quotidiano Il Tempo.

A trenta anni dal suo arresto e a venticinque dalla sua morte per cancro, del tutto legata all’ingiustizia che patì, la storia di Enzo Tortora è ancora una sorta di tabù per le giurie cinematografiche. Tanto è vero che, del tutto inspiegabilmente per chi ha avuto il privilegio di vederlo in anteprima, il docufilm «Tortora, una ferita italiana», del regista Ambrogio Crespi, è stato escluso dai sette in concorso al festival di Roma. E non ha trovato posto neanche tra i tre fuori concorso.

E confrontando invece i titoli e le trame di quelli che invece sono stati ammessi, tutti o quasi rigorosamente prodotti da Rai Cinema, viene fuori che la ragione di questa esclusione possa annoverarsi in una di queste tre ipotesi: Ambrogio Crespi non è abbastanza «sponsorizzato» per potere sperare di vedere in gara una propria opera; la sezione documentaristica è pressoché subappaltata a Rai Cinema; non sono piaciute le interviste ai radicali come Mauro Mellini, Marco Pannella o Rita Bernardini, sempre volutamente ignorati dalle fiction o dai film finora fatti su Enzo Tortora.

Un’altra cosa poco politically correct, ma molto coerente con il documentario e la sua narrazione, è stata forse l’intervista a Corrado Carnevale, all’epoca primo presidente della prima sezione penale della Cassazione. Quella che con la propria giurisprudenza garantista ha reso poi possibile l’assoluzione in secondo grado, e infine davanti alla stessa Suprema Corte nel 1987, del bravissimo presentatore che divenne presidente del partito radicale.

Tortora e Carnevale, da come appare nel docufilm, si conoscevano e si stimavano reciprocamente. Magari a qualcuno nella giuria del Festival la cosa non è andata giù. Per rendersi conto di quali altri documentari, invece, si vedranno a Roma al Festival dall’8 al 17 novembre basti l’esempio di un titolo come «Fuoristrada» di Elisa Amoruso, cioè la storia di un pilota e meccanico di macchine da corsa che diventa donna e si sposa in nozze gay con Marianna, una badante romena. O quello del documentario sul movimento dei pastori sardi, oltretutto ambientato nel 2010 ai tempi della loro protesta ormai rientrata, così come ce la propone Paolo Carboni con il suo «Capo e croce, le ragioni dei pastori». Per non parlare di ben due documentari fuori concorso su tre dedicati a Federico Fellini che vanno a intasare le commemorazioni per i venti anni dalla morte. Mentre per i 25 anni della morte di Tortora e i trenta dal suo arresto evidentemente tanto zelo commemorativo deve essere apparso fuori luogo.

Un’ultima notazione: dei dieci documentari, sette in concorso e tre fuori, che verranno visti dai soliti quattro gatti amanti del genere al festival del cinema di Roma, ben sette sono stati prodotti da Rai cinema. Quasi tutti appaiono in partenza destinati alla seconda serata su canali tematici come Rai Movie. E questo nella migliore delle ipotesi.

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