DOPO L’ASSOLUZIONE, SILVIO SCAGLIA RACCONTA I SUOI MESI IN CARCERE

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Di Monica Gasbarri – La storia di Silvio Scaglia parla da sola. La riporta Il Fatto Quotidiano che oggi lo intervista e pubblica le sue parole, quelle di un uomo che si è fatto un anno sotto arresto (di cui tre mesi in carcere e i restanti ai domiciliari)  e che è stato assolto con formula piena a ottobre dello scorso anno dall’accusa di associazione a delinquere finalizzata a frode fiscale. Prima del processo però, sia il Tribunale del Riesame che la Cassazione (travolti dalla pressione dei media, sostiene Scaglia) non avevano rivisto la sua posizione. Il suo arresto d’altronde, ricorda  il giornalista Marco Lillo, era stato annunciato nel corso di una conferenza stampa: io le abolirei, commenta lui, “Non è civile che un pm parli in tv del tuo arresto. Passa il messaggio che sei colpevole. In quelle condizioni è difficile per i giudici annullare l’arresto. Per fortuna siamo arrivati al processo immediato. Da un lato è servito a prolungare i termini per tenermi agli arresti domiciliari per un anno. Dall’altro però ho potuto difendermi”.

Il suo calvario era stato menzionato anche da Matteo Renzi alla Leopolda 2013: “la storia di Silvio Scaglia ci dice che bisogna fare la riforma della giustizia

Ora dovrà tornare in tribunale perché la Procura di Roma  (che già lo aveva arrestato nel 2010) si prepara ad andare in appello. “Me lo aspettavo” dice lui al giornalista che lo intervista, al quale poi spiega: “Io sono certo di essere assolto completamente dopo un primo grado così dettagliato, ma gli effetti del processo sono molto pesanti. Per me è una perdita di risorse, di tempo e di soldi. In tanti Paesi in caso di assoluzione l’appello non c’è. Oggi decide da solo il pm. Forse si potrebbe pensare almeno a un passaggio interno di verifica. Se un giudice potesse valutare oggi gli elementi a mio carico, io ritengo che il mio appello non passerebbe”.

Scaglia racconta i suoi tre mesi in carcere a Rebibbia con sincerità: “Sono momenti durissimi, ma sarebbe un peccato non averli vissuti. Ho scoperto che ci sono tanti innocenti e molti altri che hanno sbagliato ma vogliono migliorarsi e non sbaglierebbero più se fossero aiutati”. Un’esperienza che ti cambia la vita, insomma. E che vita. Già perché silvio Scaglia non era certo un signor nessuno, ma l’imprenditore italiano che dal nulla nel 1999 creò Fastweb.

“In due giorni sono passato dalla vacanza su una splendida barca a vela nel mare dei Caraibi alla cella di isolamento. Avevo paura di uscire” spiega a Il Fatto Quotidiano. “Nel momento più nero della mia vita però lo sportellino della porta blindata si apre e vedo la faccia di un giovane zingaro. Era dentro per furti e mi dice: ‘Amico è stata proprio una brutta giornata oggi per te, ma noi ti abbiamo fatto un piatto di pasta’”.

Il carcere lo ha segnato, e gli aneddoti che racconta, i momenti che lo hanno colpito mentre era in cella non si possono cancellare: “Mi sento con alcuni ex detenuti e mi scrivo spesso con una persona che è ancora lì dentro e penso sia uno dei tanti che dovremmo aiutare quando escono. Apprezzo molto le battaglie dei radicali e ricordo i sorrisi dei detenuti ogni volta che entrava Rita Bernardini a Rebibbia”.

Alla luce della sua storia, però, Silvio Scaglia cosa pensa della riforma della giustizia e di Renzi che, ora al Governo, sta lavorando per portarla a termine. Renzi  “non l’ho mai conosciuto. Lo stimo ma ho sempre il timore di trasformarmi in un simbolo per una delle fazioni in lotta. Io vorrei che il problema della giustizia e delle carceri si risolvessero senza dividerci. Il primo problema dell’Italia è proprio questa incapacità di fare sistema senza fazioni. Il secondo problema è la corruzione pesantissima”.

Fonte: Tazebaonews

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