DEI REFERENDUM E DI PANNELLA SENATORE A VITA

Hendrerit nibh praesent litora faucibus pulvinar elit sem nostra conubia ultricies scelerisque. Cubilia auctor maecenas ac mi turpis libero quam.

Commodo proin suscipit diam nascetur ante per auctor sapien maecenas mi consequat. Taciti torquent facilisis habitasse dignissim scelerisque libero eget. Cubilia nullam litora tincidunt erat ridiculus.

“I DON’T DREAM AT NIGHT, I DREAM AT DAY, I DREAM ALL DAY; I’M DREAMING FOR A LIVING.” - Steven Spielberg

Di Fabrizio Pilotto – Per quale motivo di dovrebbero firmare e promuovere con ogni mezzo i dodici referendum radicali? E per quale motivo chiedere a Napolitano, come hanno già fatto l’amico Ambrogio Crespi e il deputato democratico Sandro Gozi dalle colonne di “Clandestinoweb”, di nominare Marco Pannella senatore a vita?

Mi proverò a rispondere utilizzando un brutto termine che adesso è diventato di moda da quando i guai di Silvio Berlusconi sono diventati, volente o nolente, quelli di tutti i suoi elettori, che sono alcuni milioni, e indirettamente anche dei suoi avversari politici: la mitica “agibilità politica”.

Ebbene, tanto la nomina di Marco come senatore a vita, quanto la raccolta di firme e poi il raggiungimento del quorum per i dodici quesiti referendari dei radicali (a partire dai sette sulla giustizia, ma senza sottovalutare quelli su finanziamento pubblico dei partiti, divorzio breve, legge Fini Giovanardi sulle droghe e legge Bossi Fini sull’immigrazione, nonché leggina Tremonti sull’8 per mille al Vaticano) e infine la vittoria per ciascuno di essi in una competizione elettorale non truccata dai mezzi di informazione, rappresenterebbero per l’Italia il ritorno all’agibilità politica.

Quella agibilità negata ormai da venti anni di mancate riforme, finti miti giustizialisti, da Di Pietro a de Magistris, passando per Grillo e quant’altri, che ci ha regalato un paese diviso a metà tra forcaiolismo di destra e di sinistra.

Il paese dalle manette facili e dalle riflessioni difficili. Delle leggi emergenziali e degli allarmi estivi.

Personalmente pensare alla giustizia mi fa venire alla mente alcuni flash di non tanto tempo fa: era una calda serata di fine estate. All’improvviso un urlo ruppe l’equilibrio della notte. Ennesimo suicidio in carcere. Nella stessa città la mattina dopo un ventenne con due grammi di erba sente le manette ai polsi. Il potere gli diceva: “hai finito di essere padrone della tua vita, ora della tua vita disponiamo noi”. Il ragazzo disoccupato, con famiglia non abbiente pianse, a venti anni per un comportamento legittimo in mezzo mondo si era già bruciato la vita. A venti chilometri da lì, intanto, ennesimo rinvio di una causa civile decisiva per un futuro imprenditore. Ma ci rendiamo conto che la giustizia è una metastasi che ruba libertà, verità e dignità? Nella totale e crudele indifferenza di gran parte dei politici abbiamo individuato lo strumento che ci consente di diventare legislatori.

Ecco: se firmi i 12 referendum radicali la riforma della giustizia è fatta. Senza aspettare che i politicanti italiani si mettano d’accordo sul “cui prodest”. Meno vite rubate, risparmio di sofferenze, condizioni per una ripresa economica. Se non vai a firmare tuo figlio potrebbe chiederti: “papà cosa hai fatto perché questo non accadesse”?

Quanto alla nomina di Pannella senatore a vita, già caldeggiata da queste colonne da Ambrogio e da Sandro Gozi, la domanda è sempre la stessa: se non ora quando?

Napolitano quando fece Mario Monti senatore a vita volle dargli una cortina di protezione impropria. E a me venne in mente l’imperatore Caligola che aveva fatto senatore il proprio cavallo. Ecco, ora può rimediare: ascolti il suggerimento che già tempo fa svariati premi Nobel per la pace fecero al Quirinale. Con Pannella senatore a vita si ripara almeno uno dei tanti vulnus di una democrazia, quella italiana, considerata “reale”, così come un tempo c’era il “socialismo reale”, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Sì, proprio quella che ci condanna un giorno sì e l’altro pure per come i magistrati italiani amministrano la giustizia.

Un po’ sacerdoti e un po’ burocrati, lenti e inesorabili, certi di non dovere mai pagare per i loro sempre più frequenti e inescusabili errori.

Fonte: Clandestinoweb

Tags :

Share :