E’ una drammatica testimonianza quella raccolta da Antonio Crispino per il Corriere della Sera; sono le parole di Maria Cacace, madre del detenuto Vincenzo di Sarno, di 35 anni. E’ rinchiuso a Poggioreale da quasi 5 anni ed è affetto da un tumore al midollo osseo che comporta una progressiva perdita funzioni neurologiche motorie e sensitive.
Oggi è ridotto a 53 chili. Quando è entrato in carcere ne pesava 115. Dovrebbe essere sottoposto a terapie specifiche, ma il Dap fa sapere che non esistono in Italia strutture carcerarie idonee. E quindi Vincenzo di Sarno rimane in cella, aggrappato alle sbarre, condannato alla pena di morte che oltre alla morte certa lo sottopone a un percorso lacerante e terribile.
La testimonianza è di quelle capaci di smuovere le coscienze.
L’appello diretto al presidente della Repubblica che lo ha incontrato e si è commosso, è disperato. Chiede in una lettera di poter essere sottoposto a eutanasia, per smettere di subire quella che è una tortura inumana e incivile.
Tutto questo cosa c’entra con lo scontare una pena?
Tutto questo cosa c’entra con la legalità?
Da oggi il ministro Cancellieri non può dire di non sapere. Resta come un fulmine diretto al cuore questo disperato, accorato, dolente, di una madre che fatica a trovare le parole.
Bene ha fatto il Corriere a dedicare l’apertura della sua edizione online a questa storia. Ora sarebbe necessario un intervento immediato della politica, ma che non si limiti solo a questo caso. L’umanità ci impone di non accettare che ci possano essere persone sottoposte a pene aggiuntive che nulla hanno a che fare con una società civile.
Ora la Cancellieri e il Presidente Giorgio Napolitano devono rispondere e non solo commuoversi. Ma non solo a questo caso, ma alle decine di casi di malati terminali chiusi dietro le sbarre.