A COLLOQUIO CON PANNELLA: CARCERI E AMNISTIA CON LA CHIESA FINALMENTE DALLA STESSA PARTE

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“I DON’T DREAM AT NIGHT, I DREAM AT DAY, I DREAM ALL DAY; I’M DREAMING FOR A LIVING.” - Steven Spielberg

Sul quotidiano “Il Tempo” di oggi è stato pubblicato un mio articolo su Marco Pannella, un colloquio in occasione del suo 84esimo compleanno. Lo riporto di seguito.

«Carceri e amnistia, con la Chiesa finalmente dalla stessa parte»

Per Marco Pannella lo scorrere del tempo non esiste. Quando ci parli, alla vigilia del suo 84° compleanno (l’interessato, però, dice che entra nell’ottantacinquesimo) ti rendi conto che per lui esiste solo un eterno presente, che ingloba un passato fatto da oltre 55 anni di lotte non violente. Divorzio, aborto, smilitarizzazione della polizia e della guardia di finanza, lotta alla fame nel mondo, moratoria contro la pena di morte e tribunale internazionale per i crimini contro l’umanità, nuovo codice del diritto di famiglia, legalizzazione delle droghe, antiproibizionismo su tutto, a cominciare dalla ricerca scientifica. E, soprattutto, la battaglia per la giustizia giusta, che negli anni ’80 condivise con Enzo Tortora, l’icona della malagiustizia all’italiana a cui recentemente ho dedicato il mio docufilm «Enzo Tortora, una ferita italiana». Senza dimenticare la lotta per le carceri e i detenuti, per il rientro dell’Italia nella legalità europea e dell’Europa in quella internazionale.

Il passato di Pannella, da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli al recentemente scomparso Sergio Stanzani, già presidente di «Non c’è pace senza giustizia», da Pier Paolo Pasolini ad Aldo Capitini, ideatore della marcia della pace, è come se fosse ancora tutto lì con lui. Un pantheon ideale che lui evoca e che riesce, parlando, a far materializzare davanti a ogni interlocutore. Poi, di colpo, irrompe il presente. Come quando racconta della parola magica – amnistia – sussurrata discretamente a Papa Francesco (perché poi quest’ultimo la ripeta «urbi et orbi»), durante la telefonata ricevuta in ospedale dopo l’operazione di qualche giorno fa. Tutto questo, «compresente» nei suoi discorsi oltre che nella sua memoria, è Marco Pannella. Un uomo di una cultura immensa che per comunicare il male oscuro della partitocrazia italiana cita Camus e «La peste» (che l’Italia sta diffondendo in Europa) o che, per ricordare quel che accade nella giustizia penale del nostro Paese, ricorda le parole della «colonna infame» di manzoniana memoria, proprio come a suo tempo faceva anche Enzo Tortora.

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Eppure questo grande uomo italiano – che loda il presidente Napolitano per il coraggio dimostrato nel messaggio alle Camere su giustizia, carceri e amnistia («parola che nessuno nel Pd vuole pronunciare», sottolinea lui) – accetta ogni giorno di rimettere in discussione la sua leadership e lo stesso partito radicale, oggi «galassia», da lui fondato. Perché proprio in questi giorni un altro Senato, quello della galassia in questione, deve prendere gravi decisioni a proposito del proseguimento della lotta politica. «Non mi voglio candidare alle Europee – dice Pannella – e non farò di certo un’eccezione come qualcuno mi ha suggerito dopo la telefonata con Bergoglio, che per una volta ci ha regalato l’attenzione dei media. È inutile, per inseguire un improbabile 4 per cento, legittimare un regime criminale e pluripregiudicato nel non rispetto dei diritti umani».

Il problema è che «la peste» si è già diffusa nel Vecchio Continente. «E ancora una volta è stato il nostro Paese, come già negli anni Trenta, a diffonderla». Come? Anche con gli eccessi di burocrazia «che hanno reso l’Europa non più un sogno ma un incubo». «Questa è la situazione di Cesare», come Pannella ama definire il potere dell’autorità statale e continentale . «Per fortuna che invece c’è Pietro», cioè il Papa. Il paradosso di uno stato con un sovrano assoluto ma illuminato, come Papa Francesco, che con un atto d’imperio abolisce l’ergastolo dopo che in passato un suo predecessore, Papa Woytyla, altro grande amico di Pannella («mi cercava da quando era vescovo in Polonia», ricorda), allo stesso modo aveva abolito la pena di morte. Mentre in Italia l’ergastolo c’è ancora e la pena di morte è stata sostituita dalla morte per pena.

Questo rinnovato – e ricambiato – amore del mondo cattolico verso il «diavolo Pannella» non è una novità: «Mai avrei vinto le battaglie su divorzio e aborto senza le nonne cattoliche che mi dicevano “legalizzaci Marco!”». E proprio oggi che Pannella è in sciopero della fame, non più della sete, perché arrivi un segnale dalla politica (e da Renzi) sui provvedimenti chiesti da Napolitano sei mesi fa nel suo messaggio alle Camere, Pannella lancia un’altra delle proprie profezie. «Quando sostenevo che prima o poi si sarebbe dovuto legalizzare la marijuana – dice – mi rispondevano che volevo corrompere la gioventù, ma io adesso ti dico che il proibizionismo ha i giorni contati. Quattro o cinque anni… e tutte le droghe saranno legalizzate, perché i paesi del Sud e del Nord America vogliono provare una strada nuova. E fra due anni, a Vienna, magari faranno cambiare le convenzioni che risalgono al 1961. Quello sarà un gran giorno e non potrà opporsi neanche la Russia, che è l’ultimo ridotto del proibizionimo e di tutte le mafie, perché sarà la Cina a muoversi e a metterne in crisi la prepotenza che oggi né l’Europa né l’America riescono a contenere».

Quante volte, da destra e da sinistra, sono stati costretti a dirgli «Marco, avevi ragione…»? Visti i precedenti, anche stavolta sarebbe il caso di non prenderlo troppo alla leggera. Auguri Marco.

Fonte: Il Tempo

pannella - il tempo

 

 

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