Di Monica Gasbarri – Come si può raccontare una storia che parla da sola? Che tutti conoscono, che tutti hanno impressa nella loro memoria? Come si possono raccontare la tragedia e l’eroismo? Il dolore e lo smarrimento? La disperazione e la voglia di tornare a vivere?
E’ questa di certo, una delle sfide più grandi per un regista. Ci si accosta a questo argomento con tutto il doveroso rispetto e con la volontà ferrea di restituire ai posteri una storia, un racconto. I registi fanno questo. E questo ha fatto Ambrogio Crespi nel suo docuweb dedicato alla triste ricorrenza dell’11 settembre.
Molto prima di raccontare la storia di Enzo Tortora, e di aprirci le porte della comunità di Capitano Ultimo, aveva già affrontato la tragedia delle tragedie, quel momento che più in assoluto ha segnato i destini del mondo moderno, con ripercussioni politiche, sociali, culturali, di cui ancora oggi portiamo i segni e le ferite.
In America, a New York, Ground Zero rimane a futura memoria del valore e del coraggio di quanti hanno dato la loro vita nel momento del bisogno; di quanti si sono sacrificati per la propria gente colpita al cuore. Ma non basta. Bisogna raccontare e ricordare quelle ore e quei minuti. E lo strumento scelto da Crespi assolve perfettamente al suo compito.
Le immagini dal vivo parlano dritto al cuore di chi non c’era e di chi, invece, quei momenti li ha vissuti, occhi incollati davanti allo schermo delle proprie tv.
Il montaggio è incalzante e la voce narrante del regista ci accompagna in punta di piedi tra la polvere e le macerie delle Torri Gemelle, è il filo conduttore della storia delle storie. Lo stile è essenziale, pulito, emozionale, niente fronzoli: una scelta, un marchio di Ambrogio Crespi, un segno di rispetto.
Le immagini parlano e non vanno sopraffatte.
Fonte: Data24News